di Marco Vinicio Bissolotti
Cremona, gennaio 2024
Presentare
l’opera artistisca e lavorativa del proprio padre, a cinque anni dalla sua
scomparsa, risulta sempre molto arduo e complicato, restare freddi ed obiettivi
nel raccontarne le vicende senza farsi condizionare dall’emozione e dai
ricordi, è difficile se non quasi impossibile e scivolare su giudizi di parte o
su qualche forma di agiografia, credo sia profondamente umano. Cercherò di
tracciarne un ricordo il più obiettivo e onesto possibile, senza farmi
corrompere dall’affetto e dall’ammirazione che io e i miei fratelli abbiamo
sempre avuto nei suoi confronti. Affetto e ammirazione che non sono mai venuti
meno anche nei momenti di più aspro conflitto all’interno della nostra famiglia.
La liuteria è stata il collante che ci ha tenuto sempre uniti e solidali, permettendoci
di superare i momenti più difficili e complicati della nostra vita. Nostro
padre ha sempre detto di aver avuto la fortuna e il privilegio di lavorare con
i propri figli e noi quello di lavorare con lui. Questa esperienza umana e
professionale durata più di quarant’anni ci ha plasmato tutti nel carattere e
nella personalità, rendendoci persone migliori.
La sua presenza all’interno della bottega era tranquillizzante e come un faro
ci guidava sulla giusta rotta, egli era una garanzia e un insostituibile punto
di riferimento professionale. La sua
capacità di risolvere, grazie alla sua immensa esperienza, tutti i problemi
lavorativi era impressionante e non c’era difficoltà per cui non trovasse una
buona soluzione. Davanti a situazioni che obiettivamente sembravano
irrisolvibili aveva un’alternativa e una strategia lavorativa sempre efficace e
mai posticcia. Da questo punto di vista il suo pensiero era di tipo divergente
e conseguentemente molto creativo. Il suo approccio lavorativo non era rigido
ma fluido e originale, mai banale. Le sue soluzioni erano spesso
sorprendentemente innovative nella loro semplicità ed erano governate,
all’interno di schemi conosciuti, in modo da sviluppare una ristrutturazione
del pensiero. Questo processo mentale lo portava ad elaborare nuove strategie e
modalità di risoluzione dei problemi in modo efficace. Nuove idee e soluzioni
sono spesso composte da principi antichi, già noti, ed è solo con un
approfondito studio del passato che si possono avere buone intuizioni creando
percorsi alternativi. Lo studio delle precedenti esperienze è sempre stato uno
dei cardini della sua ricerca protesa verso una reinterpretazione corretta del
lavoro dei classici cremonesi e tendente a rinnovare la sua cifra lavorativa
senza mai sconfinare in banali superficialità o scorciatoie che, a suo dire,
non sono mai utili ma spesso penalizzanti.
Uno dei suoi motti era: “la prima regola della
bottega Bissolotti è quella di arrangiarsi”. Questo invito non era da
considerarsi come un segnale di abbandono da parte sua nei nostri confronti, bensì
come uno stimolo positivo ad impegnarci per trovare una soluzione alternativa, spronandoci
intellettualmente. La sua lezione di vita e di lavoro era quella di non
arrendersi e di perseguire l’ardire di conoscere ed osare.
Francesco Bissolotti era un uomo dotato di grande ironia, salace e graffiante
nelle sue battute, alcune volte dirette e pungenti ma mai offensive, libero e
intollerante verso qualsiasi tipo di autorità prevaricatrice. La sua mancanza
di sudditanza verso forme autoritarie e dirigistiche è stata nel corso degli
anni fonte di difficoltà ed amarezze, ma esse non hanno mai minimamente
scalfito la risolutezza e l’originalità del suo pensiero. In lui era sempre
vivo l’interesse per tutto il mondo naturale, amava la bellezza e le armonie
delle forme e in tutto ciò che era abituale e ordinario vi trovava lo
straordinario. Non esistevano legni a cui non potesse dare un senso o una
potenzialità lavorativa, anche per quelli più poveri e meno conosciuti sapeva
trovare una loro possibile utilizzazione. Tutto questo si è sempre riverberato
nel suo lavoro di liutaio dove l’impiego di inusuali essenze legnose, di
modelli desueti poco frequentati da altri colleghi o di opinioni fuori dal
coro, gli hanno permesso, nonostante le critiche, di esprimersi al meglio.
Come
liutaio ha esplorato tutte le problematiche inerenti alla sua professione, come
la ricerca di nuove sonorità, lo studio delle vernici o il costante percorso
lavorativo verso un miglioramento personale e professionale. Era molto legato
alla liuteria classica cremonese e al suo peculiare metodo costruttivo dedicando
anima e corpo alla sua divulgazione e valorizzazione con un grande dispendio di
energie, sia mentali che economiche. Non ha mai rifiutato di esplorare altre
tipologie di liuteria, come quella bresciana classica, che si rifà ai modelli
salodiani o quella dei liutai mantovani, con una spiccata predilezione per il
lavoro del liutaio Camillo de Camilli. Egli è stato uno dei più importanti
liutai della seconda metà del secolo scorso e, oltre alla costruzione, si è
dedicato con passione alla didattica formando moltissimi allievi.
L’ultima volta che l’ho visto nel nostro laboratorio
era poco prima del Natale del 2018 e, nonostante fosse già da qualche tempo
sofferente, stava impostando l’incastro del suo ultimo violino e mi disse di
riscaldargli la colla, intanto che ricontrollava le misure. Terminato
l’incollaggio si sedette in poltrona e mi parlò del malessere che lo
perseguitava e del suo futuro sempre più incerto. La sua scomparsa ha privato
noi figli di un grande affetto e di una guida sicura e, nello stesso tempo, la
liuteria mondiale è ora un po’ più povera.
Questo breve ricordo vuole essere un
giusto tributo alla sua opera, l’opera di un vero e onesto artigiano che mai ha
tradito il suo impegno lavorativo.