Il prossimo 26 giugno ricorre il 50° Anniversario
della scomparsa del grande liutaio, restauratore di strumenti antichi, ricercatore ed esperto Simone Fernando Sacconi (Roma, 30 maggio 1895 / Point
Lookout, Long Island, NY, 26 giugno 1973), uno dei massimi esponenti della liuteria del Novecento.
In vista di questo importante appuntamento e per onorare la memoria del Maestro, è parso appropriato
riproporre in questo sito web a lui dedicato numerosi brani, documenti e fotografie tratti dal libro in
italiano-inglese «Dalla liuteria alla musica: l’opera di Simone Fernando
Sacconi», dato alle stampe dall'Aclap di Cremona nel 1985 e presentato il 17
dicembre dello stesso anno alla Library of Congress
di Washington, DC.
In questa corposa pubblicazione internazionale, ideata e promossa dai maestri liutai Francesco Bissolotti e Wanna
Zambelli di Cremona, si sono raccolte le testimonianze di tanti che nel mondo – grandi liutai,
restauratori di strumenti antichi, esperti, famosi musicisti, collezionisti e studiosi
– hanno conosciuto o lavorato con Sacconi.
L'importanza e il valore storico dei
singoli contributi hanno indotto a rispettare con assoluto rigore l'integrità
dei testi originali, nella loro varietà di stili, intonazioni e forme di
espressione. Si sono così salvaguardate la spontaneità e la ricchezza del
sentire di ognuno; qualità che hanno fatto di quest'opera un
omaggio prezioso dei grandi di ieri e di oggi al grande Maestro e alla sua
arte.
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«Sono stati lo straordinario affetto per gli strumenti e la comprensione per gli artisti con cui era amico che hanno fatto di Fernando Sacconi un individuo unico e che l’hanno fatto considerare dai professionisti di tutto il mondo l’uomo numero uno a cui rivolgersi per un giudizio finale.
Creò il metro col quale tutti gli altri furono misurati, e ci sono moltissimi liutai e violinisti che debbono le loro carriere e le loro conoscenze alla sua generosità. E così la sua memoria continua a vivere dentro noi tutti.»
[Isaac Stern. New York, 19 febbraio 1984]
«Non v'è alcun dubbio che Simone Fernando Sacconi fu un grandissimo liutaio e qualsiasi restauro fatto da lui fu, in sé, un capolavoro.
La sua sensibilità e la sua ammirazione per i magnifici strumenti che passavano per le sue mani erano segnate da un rispetto profondo. Come studiava e misurava i grandi Stradivari, Amati e Guarneri! Divenne una "storia d'amore".
(...) I musicisti di oggi hanno nei confronti di Simone Fernando Sacconi un enorme debito di gratitudine.»
[Leonard Rose. New York, 19 gennaio 1984]
«La mente indagatrice di (...) Sacconi ha esplorato tutto ciò che aveva a che fare con violini e archi, ed egli è diventato celebre sia come costruttore di nuovi strumenti, sia come esperto, restauratore e maestro nella messa a punto degli esemplari antichi più pregiati.
Molti dei suoi più intimi amici e dei suoi clienti più stimati sono ormai anch’essi scomparsi, ma dai racconti dei musicisti che hanno con cortesia contribuito a questo libro emerge la figura di un liutaio loro dedito e del tutto qualificato a servire i loro bisogni.
Dalle testimonianze dei liutai il lettore non soltanto comprenderà l’eccezionale stima che si aveva per il Maestro Sacconi, ma intuirà anche qualcosa della sua grandezza come insegnante e della sua amabile generosità nel trasmettere il sapere che aveva con tanta fatica accumulato.»
[Charles Beare. Londra, 4 luglio 1985]
«Conobbi Sacconi per la prima volta nel 1937 a Cremona, e più tardi lo stesso anno a New York, dove dirigeva la bottega di Emil Hermann. In quell'occasione gli mostrai un violino ancora senza vernice per averne un suo giudizio e dei consigli. Da allora gli feci regolari visite finché divenni dipendente di Emil Herrmann. Da quel momento in poi, lavorando a tempo pieno con Sacconi, ebbi l'eccezionale opportunità di rimanere sotto la sua guida fino al 1947, quando mi trasferii a Los Angeles e mi misi in proprio. Non mi soffermerò su degli aneddoti, ma citerò quelli che ritengo siano i più importanti e mirabili contributi che quest'uomo rinascimentale ha dato alla nostra arte e alla nostra professione.
Innanzitutto, aveva una destrezza stupefacente in tutte le fasi dell'intaglio del legno, tanto da collocarlo fra i migliori mai esistiti. Inoltre, sapeva disegnare e ritoccare come un pittore e, soprattutto, conosceva a fondo i grandi liutai classici italiani dei secoli XVI, XVII e XVIII e aveva gradualmente acquisito – attraverso la sua quasi fanatica dedizione e operosità – un vasto sapere generale e un gusto raffinato.
Tutti questi copiosi doni meravigliosamente sviluppati si accompagnarono a una fantasia artistica che gli permise di inventare nuove e sofisticate tecniche di riparazione, che insegnò a quegli allievi che realmente lavorarono con lui. Fu un vero pioniere in questo campo e il risultato della sua attività didattica fu un innalzamento del livello della liuteria e del restauro negli Stati Uniti, al punto che quel livello è ancor oggi insuperato.
I suoi colleghi hanno continuato la sua opera sia qui che in Europa. Per quanto riguarda la ricerca, nessuno prima di Sacconi ha eguagliato lo zelo con cui lui studiò il lavoro dei liutai classici italiani. Lo studio veramente minuzioso di circa i due terzi dell'opera di Stradivari gli permise di pubblicare il suo così prezioso libro: I 'segreti' di Stradivari. Nacque in lui anche un grande interesse per lo studio dei materiali usati dai liutai classici, e le sue scoperte riguardanti i materiali per la filettatura usati dai diversi liutai e nelle diverse scuole furono fedelmente catalogate e ampliate da Dario D'Attili, che di Sacconi fu senza dubbio l'allievo più devoto, l'assistente e il collaboratore di più lunga durata (35 anni).
Mi è stato chiesto in che modo Sacconi abbia influenzato il mio lavoro. La risposta è: "In tutti i modi." Mi ha aiutato a capire e ad apprezzare la grande tradizione classica italiana.»
[Hans Weisshaar. Los Angeles, 21 marzo 1984]
«Sacconi era l’oracolo per noi violinisti. Quando ci si incontrava tra colleghi e ci si chiedeva questo violino cos’è, cosa non è, la prima domanda era: “Sacconi l’ha visto? Cosa dice Sacconi?” Lui era l’ultima parola, era il vangelo, e non solo per noi, ma anche per tutti i suoi colleghi, e questo è anche più importante, perché di colleghi straordinari ce ne sono, però per tutti loro – soprattutto quando si parlava di Stradivari – era Sacconi che aveva l’ultima parola; c’era quindi questa enorme considerazione, veramente enorme; sia tra i miei che fra i suoi colleghi era un po’ una specie di mito, Sacconi era un mito.
E voglio ricordarlo così, come un grande faro, quasi un riferimento obbligato per musicisti e liutai.
Un grandissimo esperto ed un grande uomo, di una straordinaria umanità.»
[Salvatore Accardo. Cremona, 7 ottobre 1983]
«Io e mio padre scoprimmo Sacconi attraverso il suo lavoro; fu negli anni trenta che Zoltan Szekely, violinista ungherese che viveva in Olanda, venne a farci vedere il sosia del suo violino Stradivari, costruito da Sacconi. Dico «sosia» perché «copia» o «imitazione» sarebbero espressioni troppo comuni per descrivere questo violino stupendo, che faceva pensare a Stradivari non soltanto per l'aspetto esteriore, ma anche per quel qualcosa dello spirito di Stradivari che emanava dalla lavorazione. Anzi, certe sue caratteristiche vi erano ancor più evidenziate.
Entrambi eravamo entusiasti, ma non potevo certo immaginare che soltanto pochi anni dopo il mio banco da lavoro si sarebbe trovato di fianco al suo. Il grande esperto Emil Herrmann, che a quell'epoca prima della guerra operava sia a Berlino che a New York, aveva nel frattempo scoperto Sacconi e aveva fatto di tutto perché questi andasse a lavorare per lui a New York dopo un breve periodo nel suo laboratorio berlinese. Emil Herrmann cercava un assistente per quel laboratorio, e io fui molto orgoglioso quando, dopo la mia formazione a Mittenwald, a Mirecourt e da Charles Enel a Parigi, mi fu dato quel posto.
I più anziani si ricorderanno ancora la casetta «coquette» nella 57a Strada, larga come una sola stanza, alta soltanto tre piani più una soffitta. Lì era il regno di Emil Herrmann e vi avveniva ogni giorno un intenso scambio di esperienze. Da un lato Emil Herrmann faceva conoscere a Sacconi un gran numero di strumenti di Stradivari, dall'altro Sacconi compiaceva Emil Herrmann con restauri così coscienziosi, così rispettosi [dell'originale, n.d.t.] che nessun altro all'epoca li eguagliava. Questa collaborazione rese Sacconi in breve tempo un esperto grandissimo, e mise Emil Herrmann in condizione di offrire degli Stradivari perfettamente restaurati. E io, ragazzo di 21 anni, potei assistere a tutto ciò. Il bello era che entrambi, in modo uguale, partecipavano con il massimo di generosità le loro conoscenze e le loro scoperte. Questi furono gli anni in cui Sacconi scoprì che Stradivari faceva le «ff» partendo dall'interno e scoprì anche i diversi tipi di intarsio dei vari liutai. In breve, fu un periodo in cui l'orizzonte di tutti noi s'allargò ogni giorno di più grazie alle scoperte di Sacconi. E Sacconi cresceva in modo tale che dopo poco tempo si poteva dire che lui fosse praticamente Stradivari.»
[Guillaume Max Möller.
Huizen, 10 luglio 1983]
«Simone Fernando Sacconi era un artigiano che attraverso un incessante
lavoro
ha portato la sua arte tanto vicino alla perfezione quanto solo la passione per il mestiere permette. Fedele, modesto nonostante la sua grande reputazione e la sua sapienza, e con la sua sensibilità latina, si può dire di lui con W. Shakespeare: "Gli elementi erano così amalgamati in lui che la Natura potrebbe alzarsi e dire al mondo intero: Questo era un uomo!"»
[Pierre Vidoudez. Ginevra, 1° luglio 1983]
«Sacconi è stato una personalità importante perché ha saputo stimolare lo sviluppo della liuteria contemporanea, e ne ha dato lui stesso degli esempi bellissimi, ma ha anche saputo trasmettere l'amore per i grandi del passato, ha saputo anche insegnare a tantissimi giovani violinisti che Guarneri, Stradivari, Bergonzi, Amati e tutti quanti devono essere ammirati, devono essere amati non soltanto come grandi liutai ma anche come manifestazione del genio umano, come prodotto di una grande civiltà. E sappiamo che per essere liutaio si deve essere artista, si deve essere anche uomo di scienza, di saggezza, di filosofia; sappiamo che applicando soltanto le leggi di fisica acustica non si costruiscono dei violini, che anche l'aspetto empirico è importante e che le regole esistono e naturalmente devono essere rispettate, ma che le eccezioni, le variabili sono tante. In questo senso e su questi temi Fernando Sacconi ha svolto negli Stati Uniti un'opera che io definirei apostolica; ha sviluppato il senso della qualità del suono e della sua facoltà di arrivare ai punti più lontani; raccomandava che ciascuno cercasse la possibilità di un suono grande, di un suono ampio, ma è sempre stato contro la forza, che naturalmente obbliga il violino a suonare con minore chiarezza. A questo proposito noi ci capivamo assai bene, perché sia lui che io siamo dell'opinione che il volume del suono aumenta con la grande qualità del suono stesso e non soltanto con la forza, con la pressione dell'arco.
Credo che il contributo dato alla filosofia del violino da Simone Fernando Sacconi sia stato importantissimo e in moltissimi casi lui ha dimostrato che è possibile far coesistere il rispetto della tradizione con l'ambizione di cercare vie nuove e possibilità nuove. Per fare cose importanti l'uomo in genere, l'artista, l'uomo di scienza, il poeta, il pittore, lo scultore ha bisogno di tranquillità, ha bisogno di concentrazione, ha bisogno di potersi isolare durante la preparazione di un lavoro impegnativo e Sacconi andava a Long Island, vicino alla città di New York, molto vicino al mare e ad una spiaggia bellissima, Jones Beach, e quando voleva ispirarsi, anziché rimanere nel suo atelier, andava a passeggiare; per me, il fatto di passeggiare anche da solo ha una funzione importantissima nella vita dell'artista, perché se la passeggiata la si fa vicino a un capolavoro, vicino a una bella natura, anche senza assaporare il miracolo, subito arriva però il momento dell'ispirazione. Anche in questo, riscontro delle affinità che mi hanno unito a Sacconi: la ricerca della bellezza, della natura, del pensiero concentrato.
Il contributo fondamentale di Simone Fernando Sacconi nel campo della musica e della liuteria è quello di essere stato una specie di ponte fra Cremona e tutti i liutai moderni, perché lui non diceva che si devono copiare i cremonesi – questo non è possibile – ma che si deve approfittare della bellissima esperienza del passato, che si devono ricercare le possibilità del futuro e che, nel presente, si devono miscelare le due possibilità, i due elementi.
Per Sacconi la liuteria era semplicemente una forma di vita.»
[Henryk Szeryng. Principato di Monaco, 24 giugno 1985]
«Farei torto a Sacconi se non riferissi della grande stima e
dell'altissima considerazione che si avevano di lui nell'ambiente musicale. Era
conosciuto da tutti, da Menuhin a Stern, a Francescatti, Brengola, Gulli,
Accardo, Zukerman, Perlman, ecc. e da tutti era ritenuto il grande luminare, il
grande professionista sia nel restauro che nella montatura degli strumenti
antichi.
Proverbiale era la sua capacità di riparare, riportandoli a nuova
vita, grandi capolavori del passato, con una abilità manuale straordinaria che
era frutto sia della sua enorme esperienza che della sua eccezionale
sensibilità e del suo grande amore per la creatività del proprio lavoro.
E
riproporre oggi la figura di Sacconi credo equivalga innanzitutto a riproporre,
nel contesto della nostra moderna società industriale, il valore centrale della
creatività del lavoro, valore che ritengo debba accomunare tanto l'opera del
liutaio quanto l'arte del violinista.»
[Uto Ughi. Venezia, 17 febbraio 1985]
«Ho conosciuto Simone Fernando Sacconi una ventina di anni fa, in
occasione del mio primo giro di concerti in America, quando il Maestro era
ancora da Wurlitzer alla 42a Strada. Sono stato subito affascinato dalla
straordinaria personalità umana e professionale di Simone Sacconi, dalla
conoscenza incredibile della liuteria antica e dalla bravura eccelsa nella
creazione e nel restauro.»
[Franco Gulli. Bloomington, Indiana, 5 luglio
1983]
«Ho una fotografia di Sacconi nella mia bottega, appesa dietro di me mentre lavoro. Lo chiamo il mio angelo protettore; lo so che sembra sciocco, ma io ho come delle conversazioni con lui, specialmente quando sono in difficoltà e gli dico qual è il mio problema.
In qualche modo sento che, con lui là, posso risolvere meglio il problema: è come avere una spalla su cui appoggiarsi. Se qualcosa va storto, mi giro e do la colpa a lui, poi penso a cosa lui avrebbe fatto in una situazione simile.
Cerco ancora di seguire i suoi ideali, di essere mentalmente elastico e di curare ogni dettaglio dei restauri che sto facendo nel modo che lui avrebbe adottato. Avevamo e abbiamo ancora una specie di relazione spirituale.»
[Carlos Arcieri. New York, 28 febbraio 1984]
«Sono sicuro che, se esiste un paradiso dei liutai, [Sacconi] siede ora alla destra di Antonio Stradivari e starà chiedendo a Giuseppe Guarneri del Gesù: "Perché eri un artigiano così poco accurato?"»
[Anthony Wrona. Buffalo, 1° maggio 1984]