Il Maestro Sacconi
nella testimonianza del liutaio e archettaio
Frank Passa


San Francisco, 10 marzo 1984
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Conobbi Sacconi tramite Sderci nel 1947. A quell'epoca Sacconi lavorava da E. Herrmann nella 57a Strada Ovest a New York. Sacconi aveva le sue buone ragioni per le varie tecniche che usava. Spiegava perché impiegasse proprio quelle tecniche, e cosa sarebbe successo se se ne fossero usate altre.

Io non ero un principiante quando incontrai Sacconi, ma, dopo pochi giorni trascorsi con lui, i suoi insegnamenti mi aprirono un orizzonte completamente nuovo. Nella bottega di Herrmann c'erano molti grandi violini cremonesi sui quali si lavorava, e lì ebbi l'opportunità di studiare a fondo l'arte dei grandi liutai cremonesi.

L'archetto era una delle più grandi passioni di Sacconi. Nel 1951 andai con lui a lavorare da Rembert Wurlitzer. Sacconi abitava nel Greenwich Village, a soli 20 minuti da lì. Alle sei del pomeriggio ci fermavamo a fare archetti; la sua passione era costruire l'arco Tourte perfetto. Lavoravamo insieme facendo punte d'oro, di tartaruga e di madreperla. Ancora oggi mi piace costruire sia violini che archetti. Avevo smesso di fare archetti, ma ho ricominciato a farli dopo ben 25 anni.

Ciò che ammiravo di più in Sacconi era la sua onestà e sincerità nell'aiutare i suoi allievi. Non si è mai tenuto un segreto; non c'erano misteri, spiegava il suo lavoro con chiarezza. Ci sono molti artisti che fanno i misteriosi e i riservati, ma solo perché non hanno il genio di Sacconi. La loro arte è tenuta segreta perché non vogliono ammettere la loro mancanza di genio. Sacconi invece interrompeva ciò che stava facendo per aiutare qualcuno, se sentiva che quella persona aveva talento.

Una volta alla settimana andava a insegnare all'ospedale degli invalidi. Il suo miglior allievo all'ospedale era Tony Wrona (un paziente costretto su una sedia a rotelle). Immaginatevi se gli antichi cremonesi avessero tenuto dei segreti gli uni agli altri! Non ci sarebbe stata una scuola cremonese!

Come restauratore Sacconi era un perfezionista. Non si accontentava di un «sufficiente» o di un «abbastanza buono». Come per accordare un violino: era sempre perfetto. Alcune volte Rembert Wurlitzer era così fiero di una riparazione di Sacconi, che cercava di spiegarne e analizzarne la bellezza. A questo punto Sacconi, turbato, diceva che dare una spiegazione delle sue riparazioni era un po' come cercare di dimostrare che una perfetta banconota da cento dollari fatta a mano era un falso.

Aveva anche una memoria soprannaturale. Potevo mostrargli uno Stradivari a una distanza di cinque metri ed egli era in grado di dirmi in che anno quel violino era stato costruito.

Quasi tutti i suoi hobbies (come pescare, andare in barca, cucinare e il giardinaggio) erano coltivati alla perfezione. Egli era un buongustaio e un intenditore dei migliori. Ci incontravamo alle cinque di mattina per andare in cerca di funghi, sempre con grande successo. Alle volte arrivavamo con un'ora di ritardo al lavoro, ma questo non disturbava R. W. perché amava i funghi selvatici. Con piacere ne accettava una borsa piena accompagnata dalle nostre scuse per il ritardo.

San Francisco, 10 marzo 1984

Tratto dal libro: «Dalla liuteria alla musica: l’opera di Simone Fernando Sacconi», presentato il 17 dicembre 1985 alla Library of Congress di Washington, DC (Cremona, ACLAP, prima edizione 1985, seconda edizione 1986, pagg. 74-75 - Italian / English).