Pensando alla figura del liutaio
Simone Fernando Sacconi non si può fare a meno di rimanere stupiti di fronte al
fatto che egli abbia studiato, riparato, manutenuto un numero incalcolabile di
strumenti ad arco di tutte le epoche, acquisendo un patrimonio di conoscenza
talmente vasto da risultare un’autorità universalmente riconosciuta ancora oggi
di riferimento per liutai, restauratori e musicisti. Possiamo quindi affermare
con una certa sicurezza che l’opera di Sacconi non solo è ancora attuale, ma
che deve essere ancora ben studiata e compresa.
Sacconi amava tutti gli strumenti
ad arco, il suo oggetto preferito di studio era Antonio Stradivari, che
attraverso i suoi leggendari strumenti lo poneva in un costante dialogo con il
grande liutaio cremonese, fino a poterne percepire gli umori più sottili. Ma
non solo Stradivari, anche gli Amati e gli altri grandi liutai della classicità
cremonese; ad esempio, riferendosi a Giuseppe Bartolomeo Guarneri detto “del
Gesù” il suo tono diveniva quasi di rimprovero: “Perché lavoravi in modo così
frettoloso e trascurato, non vedevi che spesso i tuoi violini recano bruciature
sulle fasce?”
Questo a Sacconi non andava giù
perché a un liutaio leggendario come Guarneri del Gesù, che per lo stile delle
sue forme e per il suono dei suoi violini certo non si può dire che fosse
secondo a Stradivari, sarebbe bastato così poco per un lavoro vicino alla
perfezione. Questa è la lezione ancora oggi grande ed attuale di Sacconi: il
punto di contatto con l’oggetto che si studia e si ama.
Può sembrare banale, ma pensare
che ogni liutaio che esista al mondo sia dedito solo alla costruzione di
strumenti nuovi è un grosso errore, perché la creazione di uno strumento non
richiede solo talento, ma anche maturità, e non tutti sono in grado di pagare
questo prezzo altissimo all’arte, e magari di vedere solo in tarda età i propri
strumenti accettati senza condizioni dai musicisti.
Questa è un’altra importante ed
attuale lezione di Sacconi: la liuteria è ricerca e disciplina. Non si deve
pensare che nella tradizione italiana moderna non si sia più stati capaci di
costruire buoni strumenti, tutt’altro, ma “quella” tradizione, in particolare
quella stradivariana, si è interrotta verso la metà del 1700, e ben sappiamo
che sugli strumenti della classicità cremonese è stato scritto gran parte del
repertorio classico della musica occidentale. Ancora oggi un violino di
Stradivari, o di Guarneri del Gesù, è in grado di evocare emozioni profonde su
ogni tipo di auditorio, foss’anche non dotato di una qualità d’ascolto così
attenta ed esigente.
Questo deve far
riflettere: non tutto quel che si dice attorno a Stradivari è mito e leggenda,
perché se il suono colpisce in modo così intimo, ciò è sicuramente da
attribuire al talento di un grande musicista, ma non bisogna trascurare lo
strumento con cui egli si esprime. Quegli strumenti con cui fare musica Sacconi
li ha conosciuti in gran parte, ne ha compreso ogni segreto, e attraverso
un’opera lunga e paziente di condivisione ci ha permesso di ricreare una magia
di infiniti colori del suono.
Questa è la figura di liutaio che emerge dall’insegnamento di Sacconi: un
orecchio bene esercitato da lunghe frequentazioni delle sale da concerto, una
conoscenza profonda della storia dell’arte italiana, il non dare mai niente per
scontato: ogni violino è storia a sé, un violino non si produce ma si
“crea”, un buon violino è capace di fare arrivare lontano la propria voce non
solo urlando, ma anche e soprattutto sussurrando.
Testo e foto della viola tenore
Sacconi 1934: © Claudio Rampini
© 2023 - In ricordo di Simone Fernando Sacconi nel 50° Anniversario della morte