La 'segreta' grandezza
di Simone Fernando Sacconi

di Claudio Rampini



Definire in poche parole la figura di Simone Fernando Sacconi è cosa impossibile perché la figura di questo grande liutaio non può essere racchiusa in una categoria rigida, data la vastità della sua opera e del suo pensiero, ma tenterò comunque di tracciarne le linee essenziali così da dare un’idea di chi sia stato Sacconi e della sua importanza nella storia della liuteria e della musica.

È importante innanzitutto precisare che, tra gli altri, Sacconi ebbe Giuseppe Fiorini come insegnante che lo introdusse ai “segreti” dell’opera stradivariana; infatti fu proprio lo stesso Fiorini che riuscì dopo molte difficoltà a venire in possesso dell’intera collezione degli attrezzi e delle forme originali della bottega di Stradivari. Quindi, Sacconi ebbe il privilegio di avere informazioni di prima mano sull’opera del grande Stradivari, e non sul “sentito dire”, che purtroppo ha caratterizzato gran parte della storia della liuteria italiana dalla fine del 1700 in poi.

È giusto il caso di ricordare che se da una parte sono stati versati fiumi di inchiostro che hanno avuto per oggetto la liuteria classica cremonese, dall’altra abbiamo dovuto prendere atto che quel periodo d’oro della nostra arte vide terminata la sua gloria verso la metà del 1700, per le mutate condizioni politiche e sociali. In buona sostanza non ci furono eredi o studiosi che potessero tramandare il modo di operare degli antichi liutai cremonesi.

Questa frattura insanabile tra il mondo liutario antico e quello moderno ha generato strumenti diversi nel metodo di costruzione e quindi anche nel suono rispetto a quelli classici, questo anche ha contribuito al mito di Stradivari e ai suoi presunti “segreti”.

Sacconi, che nel 1931 emigrò negli Stati Uniti, prima trovò impiego presso Hermann e poi presso Wurlitzer, due tra i maggiori commercianti di strumenti antichi allora presenti sul panorama mondiale liutario e musicale, e fu in queste sedi che Sacconi sviluppò la sua arte magistrale di restauratore di strumenti originali.

Ben presto Sacconi divenne il punto di riferimento di gran parte dei più famosi musicisti del mondo, perché non basta possedere un bellissimo violino di Stradivari o di Guarneri del Gesù per vedersi garantiti concerti memorabili, un buon strumento ha bisogno di essere seguito in modo costante, un po’ come un’automobile da corsa, e il suo meccanico Sacconi era presente puntualmente affinché gli strumenti fossero sempre nella condizione ottimale di esprimere la loro stupenda voce.

La lezione che Sacconi ancora oggi ci impartisce è quella della continuità: nella tradizione, nel costruire strumenti nuovi, nel riparare e mettere a punto quelli storici, nell’assistere i musicisti, nello sviluppare la cultura e il gusto per la musica, nel consentire alle giovani generazioni di liutai e musicisti di partire con il piede giusto, nel mantenere vivo lo spirito di una ricerca.

Senza una garanzia di continuità al liutaio non rimarrebbero altro che muti pezzi di legno senza significato su cui lavorare.

Alla fine degli anni ’50 del 1900 Sacconi iniziò i suoi “pellegrinaggi” a Cremona, portando con sé il suo sterminato e prezioso patrimonio di conoscenze, perché Stradivari e l’ambiente in cui era vissuto lui voleva conoscerlo da vicino, nella certezza che un’arte pure abbandonata come quella della liuteria classica lasci comunque qualche traccia dietro di sé. Ed ebbe a stupirsi nel constatare che gli attrezzi originali della bottega stradivariana, donati alla città di Cremona dal suo maestro Giuseppe Fiorini, giacessero abbandonati a prendere polvere in un museo.

Ma i cremonesi non hanno colpe poiché la storia dell’arte è caratterizzata da abbandoni e riscoperte; così come la musica di Bach e di Vivaldi è stata riscoperta secoli dopo la scomparsa dei loro autori, anche gli attrezzi e le forme originali degli strumenti di Stradivari hanno avuto bisogno di qualcuno che li riscoprisse e ne comprendesse l’importanza.

A Sacconi fu concessa la cittadinanza onoraria dal Comune di Cremona per i suoi straordinari meriti liutari e culturali; il romano Sacconi, americano adottivo ed onorato cittadino cremonese, nei fatti può essere considerato un cosmopolita, un uomo che ha attraversato culture diverse senza mai subirle e capace di coglierne sempre il lato migliore.

Assieme ai suoi allievi prediletti Francesco Bissolotti e Wanna Zambelli, Sacconi ha vissuto uno dei periodi più creativi della sua vita, e non è una coincidenza che anche grazie a lui il leggendario violino di Antonio Stradivari, oggi conosciuto come il «Cremonese 1715», sia stato il primo strumento classico a fare ritorno in città dopo più di 200 anni di assenza. Una città che ritrova la sua memoria.

Il testamento spirituale di Sacconi è il suo libro “I 'segreti' di Stradivari”, un’opera in cui egli ha trasferito il patrimonio immenso della sua conoscenza, ancora oggi considerato un testo di riferimento per chiunque si interessi di strumenti, di musica e di liuteria, che fornisce infiniti spunti di ricerca e che ha segnato di fatto il confine tra una liuteria del “sentito dire” e quella del “io ho visto e toccato”.

Il 50° anniversario della morte di Sacconi, che cadrà il prossimo anno 2023, non rappresenta solo l’occasione di rievocare la figura di questo grande liutaio, ma anche di parlare e di confrontarsi sul suo libro, sui suoi insegnamenti, sui suoi metodi. Non solo, avremo modo anche di ascoltare alcuni dei meravigliosi strumenti di Sacconi attraverso la grande maestria dell’ensemble inglese «Sacconi Quartet»; sarà Sacconi stesso che tornerà a parlarci attraverso i suoi strumenti offrendoci un’opportunità unica di crescita artistica.

Nella foto in alto: Viola tenore di Simone Fernando Sacconi, New York 1934
Testo e foto di © Claudio Rampini, 21 luglio 2022