Il Maestro Sacconi
nella testimonianza
del liutaio, restauratore ed esperto
Guillaume Max Möller


Huizen, 10 luglio 1983
Link: Max Möller


Io e mio padre scoprimmo Sacconi attraverso il suo lavoro; fu negli anni trenta che Zoltan Szekely, violinista ungherese che viveva in Olanda, venne a farci vedere il sosia del suo violino Stradivari, costruito da Sacconi. Dico «sosia» perché «copia» o «imitazione» sarebbero espressioni troppo comuni per descrivere questo violino stupendo, che faceva pensare a Stradivari non soltanto per l'aspetto esteriore, ma anche per quel qualcosa dello spirito di Stradivari che emanava dalla lavorazione. Anzi, certe sue caratteristiche vi erano ancor più evidenziate.

Entrambi eravamo entusiasti, ma non potevo certo immaginare che soltanto pochi anni dopo il mio banco da lavoro si sarebbe trovato di fianco al suo. Il grande esperto Emil Herrmann, che a quell'epoca prima della guerra operava sia a Berlino che a New York, aveva nel frattempo scoperto Sacconi e aveva fatto di tutto perché questi andasse a lavorare per lui a New York dopo un breve periodo nel suo laboratorio berlinese. Emil Herrmann cercava un assistente per quel laboratorio, e io fui molto orgoglioso quando, dopo la mia formazione a Mittenwald, a Mirecourt e da Charles Enel a Parigi, mi fu dato quel posto.

I più anziani si ricorderanno ancora la casetta «coquette» nella 57a Strada, larga come una sola stanza, alta soltanto tre piani più una soffitta. Lì era il regno di Emil Herrmann e vi avveniva ogni giorno un intenso scambio di esperienze. Da un lato Emil Herrmann faceva conoscere a Sacconi un gran numero di strumenti di Stradivari, dall'altro Sacconi compiaceva Emil Herrmann con restauri così coscienziosi, così rispettosi [dell'originalen.d.r.] che nessun altro all'epoca li eguagliava. Questa collaborazione rese Sacconi in breve tempo un esperto grandissimo, e mise Emil Herrmann in condizione di offrire degli Stradivari perfettamente restaurati. E io, ragazzo di 21 anni, potei assistere a tutto ciò. Il bello era che entrambi, in modo uguale, partecipavano con il massimo di generosità le loro conoscenze e le loro scoperte. Questi furono gli anni in cui Sacconi scoprì che Stradivari faceva le «ff» partendo dall'interno e scoprì anche i diversi tipi di intarsio dei vari liutai. In breve, fu un periodo in cui l'orizzonte di tutti noi s'allargò ogni giorno di più grazie alle scoperte di Sacconi. E Sacconi cresceva in modo tale che dopo poco tempo si poteva dire che lui fosse praticamente Stradivari.

Nel 1937, la commemorazione di Stradivari ci riunì dopo alcuni anni di distacco, ma la guerra divise di nuovo i nostri terreni di lavoro. Sacconi si mise a lavorare da Rembert Wurlitzer e anche questa collaborazione fu molto feconda. Per me sono indimenticabili gli incontri che avemmo in varie parti del mondo, per lo più a Londra: in genere erano incontri con Sacconi ed Emil Herrmann, una sola volta anche con Rembert Wurlitzer e, dopo la sua morte, con la moglie e la figlia. Per la celebrazione del 70° compleanno di Sacconi, nel 1966, quasi tutti i suoi allievi e collaboratori si ritrovarono insieme a New York.

Mi ricorderò sempre come era generoso e incoraggiante con i giovani. Se succedeva che uno dei suoi allievi avesse un'idea prima di lui e vedeva che era buona, Sacconi diceva dal profondo del suo cuore: "Bravo!", assolutamente senza alcuna invidia.

Huizen, 10 luglio 1983

Tratto dal libro: «Dalla liuteria alla musica: l’opera di Simone Fernando Sacconi», presentato il 17 dicembre 1985 alla Library of Congress di Washington, DC (Cremona, ACLAP, prima edizione 1985, seconda edizione 1986, pagg. 46-48 - Italian / English).

Il Maestro Sacconi da
«Emil Herrmann, Rare Violins» a New York con Max Möller



Nella foto in alto:

Sacconi al banco da lavoro.

Nella foto in basso:
Sacconi (a destra, seduto) e Max Möller (a sinistra, in primo piano, seduto al banco da lavoro).